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Sconvolgimi la vita

Arrivi vicino ai 40 anni con le tue convinzioni, le tue idee, i tuoi obiettivi, alcuni realizzati ed altri meno poi un giorno, quando meno te lo aspetti, cambia tutto.

 

Sono Diego, 37 anni. Avvocato civilista, pienamente realizzato nel lavoro. Sposato con Elena, dalla quale ho avuto due splendidi figli; Eleonora e Mattia. Credo nella famiglia e nell'amore. Credo nel lavoro che faccio e nella giustizia.

La mia vita si è sempre articolata tra alti e bassi. Con Elena sono un marito modello, la amo e mi occupo di lei e dei bambini. Non l'ho mai tradita nonostante abbia avuto molte opportunità per farlo. Dopo tanti anni insieme sono ancora innamorato di lei e sono convintissimo del nostro amore reciproco.

Abitiamo a Roma da sempre. Il nostro è un quartiere residenziale, un posto tranquillo dove vivere una vita tranquilla. Non posso dire la stessa cosa sulla location del mio studio, che si trova ai Parioli. Bellissima zona, ricchissima, piena di professionisti ed imprenditori, di negozi e bar, il tutto racchiuso in tanto caos.

E' proprio in uno dei quei bar che la mia vita è cambiata.

 

Una mattina come tante mi recai nel bar all'angolo per prendere un caffè.

Entrando mi accorsi subito dell'assenza della bella barista, Camilla. Una ragazza solare, deliziosa, e come ho già detto, bella molto bella. Occhi azzurri, capelli biondi, un fisico da urlo. E' considerata da tutti l'angelo del bar.

Al suo posto quella mattina c'era un ragazzo. Un tipo tutt'altro che angelico. Alto, moro, capelli rasati, barba incolta ma curata, piercing sul labbro e sul sopracciglio, tatuaggi che spuntavano attraverso la manica della camicia sul bicipite destro. Sorridente e devo dire affascinante.

Espressione sfrontata, aria sicura di se. Stonava con l'ambiente raffinato del bar.

Andai al bancone ritrovandomelo ovviamente davanti con un sorriso a trentadue denti.

Ordinai un caffè lungo.

Chiesi di Camilla e lui mi rispose che si era presa qualche mese di aspettativa.

Mi dispiacque molto. Era davvero un bel vedere, come un raggio di sole nelle mattine d'inverno, quando il cielo cupo intristisce l'anima.

“Ci sono io adesso. Ne è cosi dispiaciuto?”

“No no, si figuri.”

“Può darmi tranquillamente del tu. Sono Giorgio.” Disse sorridendomi.

“Certamente. Piacere, Diego.”

Ci scambiammo degli sguardi. Lo squadrai dalla testa fin dove era possibile puntare gli occhi.

Aveva la camicia “di servizio”, bianca, aderente. Pantaloni neri.

Il suo sguardo non era, come dire, normale. Mi guardava ammiccando, forse più di come potesse fare una donna.

Improvvisamente mi assalì una sensazione di disagio che non riuscivo a capire.

Pagai il mio caffè e andai a studio.

Per tutto il tempo ripensai a quella strana sensazione provata.

Giorgio aveva circa la mia età forse qualche anno in meno.

Nei giorni seguenti tornai a prendere il caffè insieme a dei colleghi, poi una mattina...

Dovevo andare a studio frettolosamente ma avevo assolutamente bisogno di un cappuccino.

Entrai nel bar. Mi avvicinai al bancone dove Giorgio mi diede il buongiorno con due occhi che brillavano.

Ricordai che un giorno le segretarie in ufficio parlarono di lui. Sicuramente il ragazzo non passava inosservato.

Ordinai il mio cappuccino e mi sedetti al tavolino a leggere un quotidiano.

Poco dopo arrivò lui con un vassoio in mano e il mio cappuccino su di esso.

Stessa camicia aderente. Stessi pantaloni neri che mostravano dei quadricipiti ben allenati. Osservai stranamente il suo corpo. Non era certo da me guardare il corpo di un uomo ma ne rimasi affascinato. Pensai a quante ore di palestra gli ci fossero volute per avere un fisico cosi.

Certo io non sono grassoccio ma piuttosto atletico. Sono un amante convinto dello jogging e della piscina ma questa pancetta non se n'è mai voluta andare. Eravamo differenti noi due.

Mentre pensavo e guardavo minuziosamente quel fisico, non potevo fare a meno di paragonarlo al mio.

Mi sorrise e poggiò il cappuccino sul tavolino.

In un primo momento non lo guardai.

“Come va oggi?” Mi chiese.

“Tutto bene Giorgio. Grazie. Vedo che sei indaffarato oggi.”

“Si molto, e la giornata è ancora lunga. Spero sia di tuo gradimento.” Disse guardando il cappuccino.

Mi fece l'occhiolino.

Trasalii sentendomi a disagio.

Si allontanò e, nel momento in cui presi la tazza per portarla alla bocca, mi accorsi che sulla schiuma c'era il disegno di un cuore, fatto con il cacao.

Alzai lo sguardo e lui se ne stava dietro al bancone che mi fissava col suo solito sorriso stampato sulla faccia.

Non bevvi. Spostai la tazza e me ne andai di corsa.

 

Ancora non sapevo come interpretare quel gesto. Ero turbato ma qualcosa in me si sentiva attratta dai modi di quel ragazzo.

Lavorai con molta confusione nella testa.

Andando a casa buttai lo sguardo verso il bar e ripensai ancora a lui.

 

Mia moglie era intenta a preparare la cena e i bambini stavano giocando con una pista di macchinine.

Mi tolsi giacca, cravatta, camicia e pantaloni e mi feci una doccia.

Sentii nuovamente quel disagio.

A tavola feci scena muta, tanto che Elena se ne accorse e mi chiese cosa avessi.

Le spiegai che ero stanco e non avevo molta voglia di parlare. Cosa non vera.

Dopo un programma di attualità in tv, me ne andai a letto.

 

Il giorno seguente evitai di andare al bar, forse per paura o chissà cos'altro.

Ancora una volta mi trovai ad ascoltare la conversazione delle segretarie. Ancora una volta stavano parlando di Giorgio, della sua avvenenza.

“E' troppo carino. Ha un fascino particolare. E poi hai visto che fisico?”

“Si, è davvero attraente.”

“Sai cosa ho sentito?”

“Cosa?”

“Sembra che sia interessato allo stesso sesso.”

Quell'ultima frase mi fece sussultare. Giorgio è gay!

Dentro di me lo avevo già capito. Il suo modo di fare nei miei confronti era fin troppo evidente.

E il cappuccino poi...

Ma cosa voleva da me? Lo sapevo bene cosa voleva. Rifiutavo in qualsiasi maniera di pensare che volesse provarci con me.

Etero. Sposato. Innamorato di mia moglie e dei miei figli. No. No. No!

Nel pomeriggio, spinto da un'incredibile attrazione, andai al bar. Mi sedetti al tavolino e chiamai Giorgio con un cenno della mano.

“Ciao Giorgio. Vorrei un Bellini per favore.”

“Arriva subito Diego.”

Deglutii nervosamente.

“Posso fare altro per te?” Chiese sussurrando e piegandosi verso di me. Mi guardò il collo. La cravatta stringeva. Provai ad allentarla ma ero cosi in ansia che non riuscii.

Porse le sue mani verso di me, sfiorò la camicia. Mi ritrassi e lui tornò al suo posto.

“Non essere nervoso. Non ce n'è motivo.”

“Senti evita di fare questa manfrina. So cosa sei e io non sono come te. Portami per cortesia il mio aperitivo.”

“E come sei tu?”

Non risposi. Deglutii ancora. Le mani mi sudavano. Volevo togliere la giacca ma non riuscii a muovermi.

Mi alzai in preda al panico.

Andai dritto in bagno dove tolsi la giacca e mi sciacquai il viso. Mi guardai nello specchio.

Mentre stavo per slacciarmi i pantaloni per fare pipì, sentii la porta aprirsi. Mi voltai.

Di fronte a me c'era Giorgio.

“Che ci fai tu qui?” Chiesi agitato.

“Sai cosa sono venuto a fare.”

“Ti prego esci e lasciami in pace.”

“Non posso.”

Si avvicinò poggiandomi una mano sulla spalla e costringendomi a indietreggiare fino ad appoggiarmi alla parete.

“Senti Giorgio io sono sposato. Ho una famiglia.”

“Shhhh. Lascia fare a me.”

“Non voglio...”

“Sai che non è cosi. Non avere paura di me.”

Mi slacciò la cravatta lasciandola cadere a terra. Sbottonò la camicia. Le sue mani si poggiarono sul mio petto e cominciarono ad accarezzarlo.

Mi leccai le labbra.

Afferrò il mio viso stringendo le mascelle contratte. Mi baciò senza esitazione infilandomi la lingua in bocca. Il gusto della sua saliva mi fece tremare. Sospiravo e fremevo. La voglia di lui prese il sopravvento, ciò nonostante ero teso e agitato. Non sapevo cosa fare.

Passò la lingua sul mio petto e lentamente scese fino a strofinare il viso sulla patta dei pantaloni. Una volta in ginocchio mi tirò fuori il cazzo afferrando e stringendo la mia erezione.

Posò le labbra sulla cappella e con la lingua iniziò a solleticarla delicatamente.

La strofinò su e giù sull'asta per poi succhiare le palle avidamente.

Salendo su di nuovo riprese a lavorare la cappella. Piccoli e delicati morsi mi fecero gemere. Il mio corpo si lasciò andare godendosi il piacere.

Iniziò a succhiare stringendo il cazzo duro con la mano. La bocca avida si riempiva totalmente della mia carne.

Continuò facendomi impazzire e soprattutto facendomi dimenticare le mie convinzioni, la mia vita, la mia famiglia.

Succhiando portava via tutto, ogni pensiero, ogni esitazione.

Sentivo l'orgasmo avvicinarsi e la sua sapiente bocca armeggiare col mio cazzo. Nemmeno mia moglie era mai riuscita a farmi godere in questo modo. Lui sapeva come farlo. Sembrava mi conoscesse da una vita.

Spinsi via la sua mano che cingeva l'asta e, inaspettatamente, gli afferrai la testa con entrambe le mani e l'obbligai a farselo entrare fino in fondo alla gola.

Giorgio non si perse d'animo e si lasciò guidare dalla mia voglia. Su e giù, la sua bocca si nutriva del mio cazzo portandomi all'orgasmo che gliela riempì. Sentivo le palle contrarsi e la sborra bollente risalire fino a riversarsi tutta nella sua gola.

Tossì poi ingoiò senza fare un fiato.

Lo guardai con quel liquido colargli fin sul mento. Si pulì con la mano e se la passò sulla lingua fino a ripulirla.

Rimanemmo in silenzio. Si alzò e mi bacio passando nella mia bocca il gusto acidulo della mia venuta.

Inghiottii anche io.

Ci baciammo.

“Te l'avevo detto che non sarebbe stato male, dovevi solo rilassarti.”

Non risposi. Pensai.

“Ehi, mi sembri assente, cos'hai?”

“Giorgio te l'ho detto, ho una famiglia.”

“Si e l'ho capito. Questo però non mi spaventa e non mi farà cambiare idea.”

“Che idea?”

“Voglio che mi scopi.”

“Sei impazzito?”

“No.”

“Senti lasciamo stare. E' stato divertente ma non voglio proseguire questa cosa. Non fa per me, credimi.”

“Non lascerò stare.”

Mi sistemai i pantaloni e rimisi giacca e cravatta.

Andandomene lo guardai ancora. Mi salutò ma io non volli rispondere.

Non ripassai in ufficio, tornai subito a casa.

Elena non era ancora tornata. I bambini erano dai nonni.

Andati a fare una doccia e sotto l'acqua mi segai furiosamente ripensando al pompino di Giorgio, ripensando ai baci, al mio sapore nella sua bocca.

 

Verso sera Elena rincasò con i bimbi.

Stetti a giocare un po' con loro poi l'aiutai a preparare la cena. Una volta messi a letto i piccoli mi ritrovai nel letto con mia moglie ma ero praticamente assente, la mia mente era assorta e presa da tutt'altro.

“Qualcosa non va?” Chiese.

“No, è tutto a posto.”

“Ti vedo cosi strano in questi giorni.”

“Sai, pensavo di fare un viaggio. Che ne pensi?”

Forse scappare da tutto mi avrebbe fatto bene, avrei evitato di sentirmi oppresso da quel desiderio che mi portavo dentro.

Si alzò e si mise a sedere sul letto. Mi guardò sconcertata.

“E dove vorresti andare?”

“Mah, potremmo andare a Parigi, cosi faremmo visitare Eurodisney ai bambini.”

“Diego non so se mi concederanno le ferie. Col lavoro è un gran casino. Chiederò. E tu con le cause in corso come farai?”

“Posso delegarle a Francesco. Non preoccuparti, a questo ci penserò io.”

Ecco, avevo trovato un diversivo. Per qualche giorno non avrei visto Giorgio e tutto si sarebbe spento. Pensavo.

 

Una volta sistemato il mio lavoro e, dopo che Elena mi disse che le avevano concesso le ferie, partimmo. In quei giorni non andai al bar, sentendomi più rilassato e in un certo senso al sicuro.

A Parigi alloggiammo in un hotel nei pressi dello Champs Elysee.

La mia mente era sgombera da strani pensieri. Ci divertimmo e sentii nuovamente la mia vita al sicuro.

I bambini si divertirono moltissimo. Visitammo il labirinto di Alice nel paese delle meraviglie, il castello di Biancaneve, hanno incontrato Mickey Mouse e visitato il tempio di Indiana Jones.

Mia moglie era felicissima e anche io.

Giorgio e l'episodio del bagno erano fuori dai miei pensieri.

Trascorremmo 5 giorni di relax.

In hotel, mentre i bambini dormivano, facemmo l'amore svariate volte. E' stato appagante e bellissimo come quando eravamo fidanzati ma è proprio in quei momenti che Giorgio tornava a far capolino nella mia mente.

I pompini di mia moglie erano soddisfacenti ma non erano come quello che avevo ricevuto da lui.

Sentivo la mancanza di qualcosa, oltre che di quell'intesa particolare che si era creata tra noi.

Ripensai alla sua frase “Voglio che mi scopi”. Improvvisamente venni preso dal disagio ma anche dalla curiosità. Mai in vita mia avrei pensato di scoparmi un uomo.

Quando questo genere di pensieri e farneticazioni mi assalivano, scrollavo la testa e li mandavo via.

Tornammo a Roma. Tornammo alla nostra vita, ai nostri rispettivi lavori.

Elena lavorava come receptionist per una società di marketing. Adorava quel lavoro anche se le portava via molto tempo.

Io ero felice per lei e la stimavo per l'impegno col quale si occupava di noi.

 

I casi che stavo seguendo in quel periodo erano ancora in sospeso. Francesco fece del suo meglio e lo ringraziai per essersene preso carico senza opporsi.

 

Quella mattina mi chiese se andavamo a prenderci un caffè. Trasalii e deglutii nervosamente.

“Che ti prende?”

“Niente. Pensavo che forse potrei rimanere a studio e portarmi avanti col lavoro.”

“Ma che scherzi? Mica scapperanno tutte queste scartoffie. Dai andiamo.”

Mi mise una mano sulla spalla invogliandomi a seguirlo. Andai.

 

Entrammo nel bar e io guardai subito al bancone. Giorgio era preso a servire dei clienti. Non mi vide.

Ci sedemmo a un tavolo.

“Allora, per te caffè o cappuccino?”

Ripensai al cappuccino che mi portò Giorgio.

“Caffè!” Dissi sicuro. Non potevo certo rischiare di ritrovarmi un altro cuoricino nella tazza.

“Bene. Vado a ordinarli altrimenti il tizio rozzo al bancone ci farà aspettare ore.”

Non avevo mai pensato a lui come un tizio rozzo, come lo chiamò Francesco. Rimasi male dall'aggettivo che usò nei suoi confronti.

“Non mi pare rozzo.” Risposi.

“Ah no? Ma l'hai visto bene? Tatuaggi, piercing, rasato. E' un rozzone, coatto per giunta.”

Non lo era.

Aggiunse: “Avrà pure tante donne ma dai, è assurdo. Torno subito.”

Donne? Forse Francesco ancora non sapeva delle tendenze sessuali di Giorgio.

 

Quando Giorgio si trovò a prendere l'ordinazione del mio collega alzò lo sguardo e mi cercò nel locale, individuandomi. Mi sorrise. Io abbassai la testa. Mi distrassi con un quotidiano poggiato sul tavolino.

Francesco tornò a sedersi.

“Ok e adesso aspettiamo.”

Per ingannare l'attesa ci scambiammo opinioni su uno dei casi al quale stavamo lavorando.

Arrivò Giorgio con la nostra ordinazione.

Mi guardò serio stavolta. Le sue labbra voluttuose rimasero serrate.

Poggiò i nostri caffè sul tavolino e se ne andò.

Mi sentii rilassato ma allo stesso tempo stranito e un po' offeso. Ma insomma che volevo, cosa mi aspettavo?

Non avrebbe potuto/dovuto parlarmi. Ero con un collega, si sarebbe fatto venire strane idee.

E' stato meglio cosi anche se la sua indifferenza non mi andava giù.

 

Come una ragazzina, escogitai un piano per avere le sue attenzioni. Versai di proposito una piccola quantità di caffè sui pantaloni e dissi a Francesco che sarei andato in bagno per pulirmi.

Una volta li aspettai. Poco dopo arrivò Giorgio.

“Che hai combinato?”

La sua voce era calda e sensuale, rassicurante.

“Eh, la distrazione!” Risposi.

Si avvicinò e come quel giorno, mi prese il viso e mi baciò. Stavolta non indietreggiai ma spostai le sue mani e lo afferrai io, spingendolo a me. Gli ficcai la lingua in bocca e gli strofinai la mano sui pantaloni che nascondevano il suo cazzo fremente.

Lo strinsi tra le mani sentendolo indurirsi al mio tocco. Le portai sui glutei e li strizzai con forza.

Continuammo a lasciare che le nostre lingue giocassero.

Si allontanò.

“Fammi vedere se riesco a pulirti questi pantaloni.”

Prese della carta, la bagnò e la passo sul tessuto macchiato. Non si pulirono ma rivederlo accucciato davanti a me mi fece uno strano effetto. Lo costrinsi ad alzarsi e lo spinsi addosso al muro. Ripresi a tastargli il cazzo. Lo sentivo ansimare. L'erezione era giunta al massimo.

Si avvicinò al mio collo leccandolo poi sussurrò: “Ti va stasera di uscire a cena?”

Una cena con lui... e cosa avrei detto a mia moglie?

“Non credo sia un'ottima idea.” Risposi.

“Si che lo è. Non tirarti indietro. E' quello che vuoi anche tu Diego.”

Si è quello che volevo. Volevo capire quello che stavo provando.

Accettai.

Tornai da Francesco che mi fece notare quanto la macchia fosse estesa. Una volta in ufficio provai a toglierla con dell'acqua ma non ci fu nulla da fare.

Giunsi a casa ed Elena era già rientrata. Le dissi che avrei cenato fuori per discutere di una causa con un cliente e con Francesco. Non si mostrò preoccupata.
L'appuntamento era per le 20:00 nei pressi di Piazza Cavour.
Arrivai con largo anticipo. Giorgio invece non fu puntuale. Alle 20:30 arrivò in sella a uno scooter di grossa cilindrata.
Ero in macchina. Mi vide e salì con me.
“Grazie per aver accettato e scusami per il ritardo.”
“Fa niente.” Risposi.
Mi diede le indicazioni per raggiungere il ristorante.
Non si trovava affatto nei dintorni, ma in fondo era meglio cosi.
Una volta nel parcheggio, spensi il motore. Mise la sua mano sulla mia coscia e mi guardò scatenando in me la voglia di possederlo.
Mi lasciai guidare da lui. Scendemmo dalla macchina. Ci baciammo aggrovigliandoci. 
I nostri corpi si divisero solo quando sentimmo un colpo di tosse. Delle persone si accorsero di noi, facendoci notare che non era il posto adatto per certe effusioni.
Entrammo nel ristorante.
Benché il locale fosse quasi vuoto, Giorgio chiese un tavolo in disparte.
Ci sedemmo e ordinammo la nostra cena. 
Mi sentivo come stordito, fuori posto. Pensavo a mia moglie che in quello stesso istante se ne stava a casa coi bambini e io in un ristorante con un altro uomo e non per affari.
“Sai, per me è cosi strano tutto questo.”
“Lo so, ma vedrai che presto questa sensazione ti passerà. Pensa al piacere, pensa a noi.”
“Penso alla mia famiglia...”
“Loro non c'entrano con noi.”
Continuammo quel discorso e nel mentre arrivò la nostra cena.
 Mentre avvolgevo sulla forchetta i miei spaghetti, sentii il suo piede farsi strada tra le mie gambe. Guardai Giorgio che mi sorrise. Lasciò cadere la forchetta sul tavolo e si passò la mano sul petto. Mi guardai intorno poi i miei occhi tornarono a seguire le sue dita che accarezzarono i capezzoli turgidi sotto la maglietta e li strinsero in un pizzico. Gli occhi di Giorgio si socchiusero e la lingua leccò avidamente le labbra. Subito in me salì un desiderio perverso di possederlo. Volevo affondargli il cazzo nel culo. 
Nel mentre il suo piede tornò a intrufolarsi tra le mie gambe. Lasciai scivolare un mano sotto il tavolo e glielo afferrai poggiandomelo sul cazzo in tiro.
Ce lo strofinai sopra.
Feci come lui passandomi la lingua sulle labbra e quello fu il segnale. Chiamò il cameriere dicendogli di portarci il conto. Pagammo e uscimmo di fretta. Una volta nel parcheggio buio, dove un lampione si accendeva e spegneva ad intermittenza, finimmo uno nelle braccia dell'altro. Gli tirai su la maglietta poggiando le mie mani frementi sui suoi pettorali e stavolta fui io a strizzargli i capezzoli facendolo gemere.
Iniziò a slacciarmi la cravatta poi prese con forza la giacca togliendola e gettandola a terra in preda a un desiderio inarrestabile. Sbottonò la camicia e mi leccò il petto. Aprii i pantaloni e li tirai giù a mezza gamba. Mi afferrò il cazzo con il pugno iniziando a segarlo.
La mia mano fece altrettanto afferrando il suo da sopra i jeans. Glieli slacciai, abbassai e liberai il cazzo gocciolante che moriva dalla voglia di essere smanettato e succhiato. Mi accovacciai e me lo feci entrare in bocca con ingordigia, succhiandolo a più non posso. Sentivo i suoi gemiti farsi sempre più intensi. Mi rialzai e, usando una forza che non era quella che in genere impiegavo su mia moglie, lo girai poggiandolo a novanta sul cofano della macchina. Non tenni conto che eravamo in un parcheggio, che qualcuno poteva vederci, ma soprattutto che quel qualcuno avrebbe potuto riconoscermi e dire tutto a mia moglie, rovinando il mio sogno di una famiglia perfetta.
Gli allargai i glutei e vidi il buco del suo culo che mi chiamava, pulsava.
Mi sputai su una mano e gliela passai tra le chiappe, bagnando per bene quel buco che stava per accogliermi.
Giorgio si contorceva impaziente ad accogliermi.
Accostai la cappella e con una spinta furiosa glielo affondai tutto dentro. 
No, con mia moglie non era certo cosi. Con lei ero delicato, avevo paura di farle male, con Giorgio no. Stavo sfogando tutto quello che di più represso avevo in corpo.
Entravo e uscivo da lui senza fermarmi, impiegando un impeto sconosciuto fino ad allora.
Ripensai ad Elena. Rallentai. Bloccai il bacino rimanendo col cazzo dentro di lui.
Giorgio allungò una mano per afferrarmi i glutei.
“Continua, ti prego, non fermarti.”
La sua mano passò a segarsi.
Scrollai la testa e ripresi a incularlo. Mi scostai e vidi la mano di Giorgio che smanettava il cazzo. Era completamente bagnata. Poi un guaito e il suo culo strinse il mio cazzo a morte. Mi scostai ancora e mentre guardavo la sborra che schizzava a fiotti sul cofano dell'auto, un brivido pervase il mio corpo. Come una scossa che partì dalle mie palle ed arrivò al cervello dando l'input al cazzo di sborrargli nel culo.
Lo riempii e riversai tutti i miei dubbi in lui.
Mi succhiò il cazzo pulendomelo. Lui si pulì con dei tovaglioli. Ci rivestimmo e lo riaccompagnai dove ci eravamo incontrati.
“Lo dirai a tua moglie?”
“Vuoi scherzare? Non ne ho nessuna intenzione.”
“E come farai?”
“Andrò avanti cosi.”
“Mi scoperai ancora?”
“Lo farò!” Gli promisi.
Ci salutammo senza troppi convenevoli e tornai a casa.
Elena era sul letto a leggere. I bambini stavano dormendo. Feci una doccia per togliermi quell'odore di proibito, di cazzo da dosso e andai a letto anche io.
“E' andata bene la tua cena?” Chiese.
“Altroché!”
“Sono contenta.”
La baciai e mi voltai dall'altra parte. Mi addormentai.

Seguirono dei giorni dove io e Giorgio ci vedevamo nella pausa pranzo e ci nascondevamo nel bagno del bar a scopare. Lo inculavo quasi tutti i giorni poi un giorno...
“Vorresti essere al mio posto?” Mi chiese.
“Dici se vorrei essere inculato?”
“Si.”
Pensai molto a quella domanda ma non risposi.

Un pomeriggio mi chiamò in al cellulare e mi disse che voleva vedermi. Lascia in sospeso una pratica alla quale stavo lavorando e andai al posto prestabilito.
Era una sorta di magazzino abbandonato fuori mano.
“Cos'è questo posto?”
“E' di alcuni amici. Avevano una società di stoccaggio anni fa. Ora è rimasto abbandonato.”
“Perché sei voluto venire qui?”
“Voglio farti capire cosa ti perdi.”
Ci ritrovammo uno addosso all'altro, presi a spogliarci, annusarci come bestie pronte per l'accoppiamento.
Ce ne stavamo appoggiati a una vecchia scaffalatura, completamente nudi. I cazzi duri e pulsanti che si strofinavano sfruttando la scioglievolezza del preseminale.
Sorpreso mi trovai girato col culo rivolto a lui. Si teneva il cazzo mentre mi passava la cappella in mezzo al culo. Ce la strusciava sopra avanti e indietro. L'altra mano racchiudeva le mie palle stringendole. E se prima tendevo a stringere e serrare il buco del culo, in un istante mi ritrovai ad allargarlo e porgerglielo.
Ci sputò della saliva sopra e, spingendo piano, lo fece entrare. Sentii la cappella che mi allargava le pareti del culo. 
Da parte mia c'era una certa resistenza ma quando spinse ancora, il culo si aprì totalmente accogliendolo.
Prese a scoparmi e io a godere come un maiale. Non avevo mai provato una tale sensazione, un piacere cosi accecante. 
Gemevo e grugnivo a ogni affondo.
Di li a poco mi sborrò dentro. Mi girai e gli misi una mano sulla testa. Lo spinsi giù. Si accovacciò e iniziò a succhiarmi il cazzo portandomi sapientemente all'orgasmo che scoppiò nella sua bocca.

Tornai a casa tranquillo e trovai Elena sul divano. Pensavo fosse ancora a lavoro...
“Dove sei stato?”
Quella domanda mi prese in contro piede.
“A lavoro. Dove vuoi che sia stato?”
“Come mai rientri a quest'ora?”
“Elena ho finito prima, che devo dirti.”
Si alzò e mi venne davanti. Mi annusò.
“Cos'è allora quest'altro profumo che hai addosso?”
“Che stai dicendo? Finiscila dai.”
“Ho telefonato in ufficio visto che al cellulare ti ho chiamato e non mi hai mai risposto.”
Avevo dimenticato di togliere la vibrazione. 
Controllo il telefono e vedo le sue 5 chiamate.
“Scusami, non avevo tolto la vibrazione e non l'ho sentito.”
“Con chi eri?”
“Un collega.”
“Diego non dirmi stronzate. Eri con una donna?”
“Sei impazzita!”
Andai in camera infuriato. Gettai i vestiti sul letto e andai in bagno. Elena mi seguì.
“O eri con un uomo?”
Quella domanda mi gelò il sangue.
Entrai nella doccia senza rispondere.
Elena mi parlava ma io non l'ascoltavo.
Aprì la porta della doccia con irruenza.
“Eri con un uomo?” Urlò.
“Cosa ti dice il cervello stasera?”
“Ti hanno visto Diego!”
Non potevo crederci.
Iniziò a piangere e se ne andò di la. Misi un asciugamano in vita e corsi da lei. 
Se ne stava contro la finestra.
Le andai dietro e l'abbracciai.
“Stamattina ho trovato un biglietto sulla scrivania della reception. Sopra c'era scritto -Tuo marito si scopa i froci-”
Chiusi gli occhi senza dir nulla. L'ascoltai e basta.
“Diego parlami ti prego. Aiutami a capire.”
Mi sedetti sul divano e iniziai la mia spiegazione piena di tentennamenti, di pause, di silenzi, di colpe, di mille altre cose.
Le dissi che non avevo mai sentito attrazione per un altro uomo, che per me era sbagliato ma che era anche quello che volevo, indipendentemente dalla famiglia.
Le raccontai di Giorgio e lei volle sapere tutto, tutto, tutto.
Glielo dovevo, almeno quello.
Spiegai chi era Giorgio e come ci eravamo conosciuti. Spiegai quella bestia che avevo dentro che usciva fuori solo con lui.
Spiegai quell'esigenza per me cosi strana. Sono un avvocato e so bene come pesare le parole ma in questo caso dovetti trovare parole a me sconosciute.
Elena stette a sentire quel che avevo da dire, poi senza fiatare se ne andò in camera.
Rimasi in salotto a pensare. La mia vita era sconvolta. La mia famiglia era distrutta.
Avevo commesso un grave errore ma lo avrei rifatto senza esitazione.

La mattina mi svegliai senza trovare Elena accanto a me. Controllai nell'armadio se c'erano ancora i suoi vestiti e per fortuna erano ancora al loro posto. Elena non se n'era andata.
Uscii e andai a lavoro.

A pranzo andai da Giorgio e gli raccontai tutto. Era sorpreso e dispiaciuto. Provò a confortarmi per quanto possibile ma quando incontrai i suoi occhi gli feci cenno di seguirmi in bagno.
Li, non curante di quello che stava accadendo alla mia vita, lo scopai ancora. Mi feci succhiare il cazzo ancora.

Tornai a casa a notte inoltrata. Trovai Elena in cucina ad aspettarmi.
“Lo hai incontrato di nuovo, vero?”
Non mentii.
“Si ed ho intenzione di rincontrarlo altre volte.”
“Ci hai scopato anche oggi?”
“Si Elena.”
“Ti sei innamorato di quest'uomo?”
“No. Io amo te ma non posso fare a meno di lui.”
Se ne stava seduta a testa bassa poi si alzò e mi venne davanti.
“Allora permettimi di condividere questa cosa con te.”
Non capii subito la sua domanda.
“Cosa mi stai chiedendo esattamente?”
“Di esserci quando lo scoperai ancora.”
Spalancai gli occhi incredulo a quel che mi stava chiedendo.
“Tu vuoi... guardare?”
“Si!” Rispose sicura.
Mi voltai e pensai a quella richiesta che era in assoluto la più strana che avessi mai sentito.
E più strana ancora fu la mia risposta.
“Va bene.” 
Sul suo viso tornò il sorriso, i suoi occhi si riaccesero. La sua espressione cambiò, si distese.

L'indomani telefonai a Giorgio. Non mi era possibile andare al bar per i troppi impegni a lavoro.
Gli spiegai della richiesta di mia moglie e lui rimase interdetto quanto me.
Non aveva intenzione di farla “assistere” ma si sa che le parole di un avvocato convincerebbero anche una gallina a spennarsi da sola, e cosi è stato anche con lui. Accettò.

Verso sera mi chiamò al telefono Elena e mi fece una proposta.
“Ti va se lascio i bambini dai nonni e ce ne andiamo in un posticino tranquillo?”
“Ma certamente. Ho proprio voglia di stare solo con te.”
“Che ne dici di invitare anche Giorgio?”
Rieccomi stupito.
“Invitiamolo se è quello che vuoi.”

Chiamai Giorgio che accettò di vederci.
L'appuntamento era nella piazza dove ci vedemmo la prima volta. Feci le presentazioni. Elena si mostrò cortese come sempre. Mise Giorgio a suo agio. Non gli fece domande.
Lo guardò e gli fece i complimenti per il suo fisico statuario.
Poi, in disparte, mi disse: “E' davvero bello e fascinoso. Posso capirti.”
Tutto quel che diceva, dopo quella sera, mi sembrava diverso.
Giorgio propose di andare a cena e cosi facemmo.
Era lo stesso ristorante di quella sera. 
Consumammo il nostro pasto poi Elena disse che saremmo potuti andare in un albergo.
Giorgio non era molto convinto ma io si.
La situazione era intrigante e perversa e io ero davvero molto eccitato.

Andammo in un alberghetto fuori mano.
Salimmo in camera e, mentre Elena se ne stava sdraiata sul letto, io e Giorgio iniziammo a dedicarci a noi scambiandoci dei semplici baci, che diventarono sempre più infuocati ogni qualvolta incontravamo lo sguardo eccitato di lei.
Stavamo facendo il nostro spettacolo. Sia io che Giorgio eravamo a nostro agio. Tranquilli, sereni, arrapati, coi cazzi già duri.
Elena si tirò giù le mutandine e allargò le cosce. La mano si addentrò nella sua fica.
Lasciai Giorgio e mi avvicinai a lei. Affondai le dita nella fica. Era completamente bagnata, tanto che quando le tolsi un lungo filamento dei suoi umori rimase sospeso tra me e lei.
Tornai da Giorgio e iniziai a spogliarlo. Mentre gli ficcavo la lingua in bocca gli sbottonai i pantaloni e gli tirai fuori il cazzo. 
Mi tolsi i vestiti e rimanemmo nudi. Stavo bene attento a mantenere un angolazione giusta per mostrare i minimi particolari ad Elena che si stava masturbando lentamente.
Afferrai il cazzo di Giorgio e lo portai accanto al mio. Le cappelle si strofinavano e baciavano bagnandosi a vicenda. Lasciai colare la saliva fino a ricoprirle e ripresi a farle accarezzare.
Elena iniziò ad ansimare sempre più intensamente. Non potevo credere che quella banale visione la stesse facendo già venire.
Non ero abituato a vedere mia moglie cosi. Nonostante i nostri rapporti sessuali fossero appaganti e regolari, lei era stata sempre molto pudica su certi aspetti. Non si era mai mostrata a me mentre si masturbava.
Invece in quella situazione si aprì completamente alla mia vista.
Ero doppiamente eccitato. Li avevo entrambi.
Presi in mano il cazzo di Giorgio e lo bagnai per bene con la saliva e il preseminale poi iniziai a segarlo facendo scivolare la mia mano su di esso.
Un gemito più intenso e mia moglie riversò tutti i suoi umori sul candido copriletto del letto dell'hotel.
Infilai la lingua in bocca a Giorgio, poi mi fermai e andai da Elena. Mi misi tra le sue cosce e leccai i suoi umori ancora caldi che fuoriuscivano dalla fica, senza però inghiottirli.
Tornai da Giorgio che mi aspettava arrapato. Spinsi la lingua nella sua bocca e gli feci assaggiare il piacere di mia moglie.
Lo presi per i fianchi e lo adagiai a 90 sul letto. Inumidii il buco del suo culo e lo penetrai con forza.
Nel mentre Elena riprese a divertirsi sulla sua fica infilandosi le dita dentro e torturandosi il clitoride.
Gli occhi rimbalzavano sul culo di Giorgio e sul mio cazzo che gli sfondava il culo e sulle dita che si insinuavano con forza nella fica di Elena.
Le spinte si fecero più veloci finché Giorgio non mi fermò. Mi ritrovai al suo posto col suo cazzo nel culo.
Elena ebbe un altro dirompente orgasmo e stavolta fu Giorgio a passare la mano nella sua fica pulsante per poi farla tornare alla mia bocca e farmi gustare il suo sapore.
Riprese a spingermi il cazzo nel culo e ci misi poco ad esplodere imbrattando un piede di mia moglie di calda sborra.
Giorgio doveva ancora godere.
Ci pensai io. Feci sdraiare per bene Elena. Io mi misi in ginocchio accanto al suo fianco sinistro e Giorgio alla sua destra. Mi sbilanciai in avanti e presi il cazzo di Giorgio in bocca. Il pompino avvenne a pochi centimetri dalla pancia di Elena.
Continuai a passare la lingua sul cazzo duro e pulsante. Lo facevo entrare tutto in bocca e lo facevo riuscire fuori.
Solleticavo la cappella con la lingua e dentro, ancora in gola.
La mia testa si muoveva al ritmo che mi dava Giorgio, trattenendola con la mano e accompagnandola su e giù.
Elena guardava la scena con gli occhi sgranati... ero certo che aveva voglia di toccarsi ancora la fica ma quando decise di farlo, Giorgio mi tirò fuori il cazzo dalla bocca e schizzò la sborra sul corpo di mia moglie, riuscendo a riempirle anche la faccia.
Lei prese a masturbarsi frettolosamente riuscendo a raggiungere un altro orgasmo. Si passo le dita nella fica per raccogliere i suoi umori, poi passò l'altra mano sulle tette, sulla pancia e sulla faccia e unendo la sborra di Giorgio ai suoi liquidi, se la spinse in bocca e si gustò i sapori del piacere sapientemente miscelati.

Quell'episodio segnò una svolta nella vita di me e mia moglie, nel nostro rapporto di coppia e in quello sessuale.
Io e Giorgio continuammo a vederci e a scopare, ma spesso con noi c'era un'attenta spettatrice... la mia dolce e insaziabile Elena.
 

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